Caccia alla Chimera – CAPITOLO 15

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Juan José Navarro era la chiave di volta nelle indagini condotte dal gruppo di giornalisti di YouGlobe in parallelo a quelle ufficiali della Polizia svedese e di quella israeliana. 

Gli investigatori si erano attivati solo in questi due Stati perché solo lì erano avvenuti i delitti; nel resto del mondo dominavano invece solo curiosità, pettegolezzi e una infinità di dibattiti televisivi, talk show specialistici e articoli sulla stampa, tutti a condimento del nostro straordinario programma “Il Mistero della Chimera”, seguitissimo in tutti continenti.

 

Come concordato Cinzia andò a trovare Navarro presso l’Accademia “Rubens” di Milano dove il pittore spagnolo insegnava da anni.

Navarro si mostrò disponibile al dialogo e non infastidito dall’essere coinvolto nella vicenda suo malgrado.

 
 

 –             Mi aspettavo la visita di uno di voi, ho seguito il programma di YouGlobe ed ho capito che    eravate sulle mie tracce….ma le assicuro che la mia figura è marginale in tutta questa storia e che posso contribuire ben poco alle vostre indagini, se non fosse stato così mi sarei fatto avanti io stesso.

 –            Ed in effetti le devo chiedere solo qualche piccolo dettaglio, inizio col più importante: Dove si trova ora Kurt Polasacra?

              Certo! Mi rendo conto che questa è la notizia che vi serve maggiormente in questo momento e che solo io posso darvi, ma è l’unica cosa che conosco in più rispetto al bagaglio delle informazioni già in vostro possesso.

               Ecco! Quindi ci venga incontro …dobbiamo parlare a tutti i costi con Polasacra.

               Kurt è da circa nove anni in Brasile, all’interno di una missione di accoglienza per bambini abbandonati di una favela di Rio de Janeiro. Ecco …. questa è l’ultima foto che mi ha mandato qualche mese fa.

Navarro porse a Cinzia la foto che aveva già in tasca in previsione della visita della giornalista.

 

               Ma è incredibile!

               Cosa?

               Eravamo tutti convinti che Polasacra potesse essere coinvolto in qualche modo nei tre delitti della Chimera, se non direttamente magari come mandante o diretto interessato. Ora, sinceramente, vedendo questa foto non ce lo vedo proprio ad uccidere tre persone.

               Non è detto signora!! Non è detto. – Navarro aveva uno strano sorriso ironico stampato sul volto – Tutto è possibile. Kurt potrebbe aver lasciato i suoi bambini a Parada de Lucas, la favela si chiama così, ed essersi imbarcato prima per il Medio Oriente e dopo aver ucciso Samuel Avrahm a Tel Aviv, aver fatto un salto in Svezia per far fuori prima Magnusson e poi la Serrano. Tutto è possibile, con i potenti mezzi messi a disposizione dalla nostra società iper-tecnologica.   

 
  

L’artista spagnolo non riuscì a trattenere una sommessa risatina che tuttavia tentò di contenere non appena si rese conto che la sua ironia aveva contribuito ad alimentare le perplessità della giornalista italiana.

 

 

 

Cinzia se ne stava a testa bassa con gli occhi puntati su quella foto, che di per sé non significava nulla ma che trascinava dietro una lunghissima serie di interrogativi da far invidia alla muraglia cinese.

 
  

Navarro non se la sentì di infierire ancora di più su Cinzia dopo lo tsunami di dubbi che le aveva involontariamente trasmesso, e riprese il filo logico del suo discorso evitando ulteriori voli pindarici nel mondo del sarcasmo.

 

               Tutto è possibile signora Forestieri, ma Kurt Polasacra non è capace di uccidere neanche una di quelle intollerabili zanzare che assediano la sua missione a Rio de Janeiro, ha speso una vita a far nascere la gente, a metterla al mondo in tutti i modi, anche nelle condizioni più difficili e improbabili e l’esperimento della Chimera ne è l’esempio più emblematico. No, signora, Polasacra non ha ucciso nessuno;  tutto quello che ha fatto sino ad oggi va proprio nella direzione opposta. Magnusson lo ha chiamato nel suo gruppo proprio per la fama che si era fatto nei primi anni ’60 in campo di natalità, era proprio un mago nel suo campo.

               Ci credo, ci credo proprio. Un uomo che si dedica anima e corpo ad un’attività del genere, sacrificando tutto il resto, non sarebbe proprio capace né di uccidere né di convincere qualcuno a farlo. Anche se non lo conosco personalmente, la foto e le sue parole mi hanno convinto. A proposito! Come conosce Polasacra e come mai era presente al suo esperimento segretissimo del 1968? E non mi dica che non è così perché siamo in possesso di un suo disegno di Magnusson datato proprio 1968.

               E chi vuole negarlo? E’ stata l’esperienza più bella ed interessante della mia vita, forse perché la prima in campo professionale, forse perché tanto coinvolgente ed emozionante da risultare indimenticabile, sta di fatto che anche a distanza di oltre quaranta anni la ricordo ancora nei minimi particolari.

               Come lei sa io sono spagnolo, a quei tempi avevo appena 19 anni e sia i professori che i parenti, dopo il diploma, mi avevano gratificato con una valanga di apprezzamenti per le mie capacità artistiche, che talvolta utilizzavo anche in campo fotografico.

Un’amica di mia madre, Ester Serrano, era stata invitata dallo scienziato svedese Samuel Magnusson a partecipare ad un esperimento di grande interesse scientifico della durata di circa un anno. Non sapevamo di cosa si trattasse ma Ester era entusiasta e, essendo a conoscenza che Magnusson cercava anche un fotografo che potesse seguire l’esperimento per storicizzarlo, mi chiese se ero disponibile ad unirmi al loro gruppo scientifico che si stava formando. Quando accettai propose la cosa a Magnusson che approvò senza alcun indugio.

Mi ritrovai così a meno di vent’anni in uno staff di prim’ordine che nel suo specifico settore ha praticamente scritto la storia, anche se la gente l’ha scoperto solo ora con la vicenda del rapimento della chimera.

               Quindi lei faceva parte dell’equipe in qualità di reporter ufficiale, ma come mai non abbiamo trovato il suo cognome nell’elenco dei collaboratori di Magnusson?

    Ero stato inizialmente aggregato come esterno al gruppo di lavoro, una specie di periodo di prova. Poi sono diventato il beniamino degli otto componenti ufficiali, forse perché ero il più giovane o forse perché ero entrato nelle grazie di Kurt Polasacra che apprezzava particolarmente la mia abilità di ritrattista, così divenni il nono membro dello staff.

Magnusson e Polasacra però mi chiesero di limitare al massimo i miei interventi fotografici.

Avevano paura che l’esperimento potesse risultare un fallimento e che il Governo svedese, che finanziava da anni l’istituto di ricerca di Magnusson con finalità ben diverse, potesse tagliare i fondi una volta venuto a conoscenza di un insuccesso di quel genere; ben altra cosa sarebbe stato invece giustificare a posteriori il cambio di rotta nelle ricerche nell’eventualità di una piena riuscita dell’esperimento, in ogni caso meglio mantenere basso il profilo pubblico della prova.

Io finii così col fare qualche disegno dei protagonisti, compreso quello di Magnusson che è in vostro possesso e alcune foto che sviluppai e stampai io stesso all’interno dei laboratori dove si svolgeva la sperimentazione sulla chimera.

Prevedendo una visita dello staff del “Mistero della Chimera” ho tirato fuori dal mio archivio la vecchia foto dell’intero gruppo che realizzai con l’autoscatto per poter essere tutti presenti nell’immagine, fu l’unica occasione nella quale l’intero staff riuscì ad essere immortalato …  dovrebbe essere qui da qualche parte.

 

Navarro iniziò a rovistare dentro una borsa a tracolla azzurra finchè tirò fuori una ingiallita fotografia in formato quadrato. Consegnandola a Cinzia Forestieri aggiunse un particolare alla sua risposta che in seguito sarebbe risultato fondamentale.

 

–        Forse non avete trovato i miei dati perché la Serrano mi registrò col mio secondo cognome. Come saprà in Spagna i figli portano sia il cognome del padre che quello della madre.   Io mi chiamo Juan José Navarro Torres, quindi forse avete trovato solo il cognome Torres e non l’avete collegato alla mia identità.

 

               No – disse Cinzia ormai esperta dei dati tecnici e amministrativi che aveva tirato fuori dal faldone di Magnusson insieme a Walter – risultano registrati solo le generalità dei “magnifici sette” e di Magnusson, probabilmente lo scienziato svedese si è guardato bene dall’ufficializzare fin dall’inizio la presenza di un fotoreporter all’interno del gruppo di lavoro che avrebbe potuto essere sottoposto a pressioni esterne per documentare un eventuale fallimento. Sarebbe saltato fuori all’ultimo minuto in caso di successo dell’esperimento.

 

               Già, probabilmente è stato proprio così.

 

Ecco, nella foto può vedere da sinistra Fredik Larsen accanto a Ferdinando Mussi, seduta sullo sgabello Rebecca McDoing, subito dietro c’è Ulrik Toren, poi in piedi ci siamo io e Polasacra e più a destra Samuel Avrahm e Ester Serrano, dinanzi a tutti, seduto sullo sgabello, riconoscerà chiaramente Samuel Magnusson.

               Siamo riusciti ad intervistare Larsen, Mussi e lei e prima dei loro omicidi Magnusson e Serrano, Polasacra è in Brasile, di Avrahm sappiamo che è stato anche lui vittima della Chimera, ma non abbiamo notizie dei due paramedici aggregati allo staff: Toren e McDoing, lei mi sa dire qualcosa in merito?

               Non ho notizie certe di Ulrik Toren, credo che sia ancora in Svezia e forse in pensione; so invece che la McDoing purtroppo è morta in Scozia qualche anno fa.

               Potrebbe essere stata anche lei vittima della Chimera?

               Nel vostro programma, con deduzioni quasi inoppugnabili, avete collegato i tre omicidi attribuendoli tutti a Richard. Ma io mi chiedo da telespettatore, qual’è il movente comune? Se lei ha una risposta a questa domanda potrebbe anche aggiungere la morte della McDoing alla strage della Chimera.

Io non conosco i particolari della morte di Rebecca McDoing, è stato Kurt a segnalarmela a suo tempo, ma penso che se si dovesse trattare di morte violenta non dovrebbe risultare troppo azzardato collegare anche quest’evento allo stesso killer di Magnusson e company, ma in questo caso tutti noi del vecchio gruppo di lavoro potremmo essere a rischio, e le confesso che la cosa inizia a preoccupare anche me.

               Come manifestato nel programma televisivo, abbiamo pensato che il movente comune possa essere la vendetta per l’alto grado di diversità imposta alla Chimera.

Potrebbe sentirsi un essere troppo strano e straordinario per potersi integrare col resto dell’umanità, e pertanto risultare totalmente isolato rispetto al prossimo che gli vive accanto. Tra l’altro se Richard ha seguito il nostro programma avrà anche percepito la totale disapprovazione della massa di telespettatori per questo genere di sperimentazioni estreme e può aver reagito con la violenza verso lo staff medico che l’ha fatto nascere.

Ma non credo proprio che lei rischi qualcosa; non ha fatto parte del gruppo operativo e ancora la notizia della sua presenza in quel laboratorio del 1968 non è stata resa pubblica e la Chimera non può esserne a conoscenza. D’altra parte è una informazione che, se lei dovesse ritenere necessario, possiamo evitare di divulgare.

–        Sì, la prego di evitare il più possibile un mio coinvolgimento personale nella storia e nel suo programma in particolare. Non sappiamo con chi, o con che cosa, abbiamo a che fare….meglio andare cauti.

               Va bene, oggi stesso dirò ai miei colleghi di non divulgare il suo nominativo nell’ambito della nostra indagine giornalistica.

Un’ultima curiosità: lei mi ha parlato dei doppi cognomi spagnoli, ma i dati relativi ad Ester Serrano riportano tutti un solo cognome, lei conosce l’altro?

               Certo! Come le ho detto era un’amica di famiglia.

Fu a quel punto che Cinzia sarebbe voluta sparire dalla faccia della terra.

Quel secondo cognome rivelato da Navarro le arrivò addosso come un colpo di cannone, uno schianto in pieno petto che giunse fino agli abissi del suo animo.

Congedatasi da Navarro iniziò a camminare fra le strade di una nebbiosa Milano da odiare, non da bere.

Quella notizia non poteva né essere bevuta né ingoiata in alcun modo, era proprio indigeribile, doveva vomitarla da qualche parte.

Accelerò il passo per tornare al più presto negli studi di YouGlobe e parlarne con Walter, Franco e me, ma preferì non prendere il taxi, non voleva contatti con estranei in quel momento tanto difficile.

Mentre camminava sotto una sottile e irritante pioggia pomeridiana, mista a smog e gas di scarico, un turbine di sensazioni e ipotesi la trascinava via da quel grigio marciapiede metropolitano per portarla in un universo parallelo, in una sfera di magnetici pensieri e di surreali congetture che nulla avevano di umano, almeno per lei, almeno per quel preciso momento della sua vita.

Pensò a lungo, ma le sue considerazioni erano soggette a quello stesso incessante piovasco cui era sottoposto il suo corpo; le sue idee erano quindi esigue fiammelle in preda all’acqua che il cielo sembrava inviargli contro proprio per estinguerle.

Sentiva dentro di sé un’enorme difficoltà ad articolare le sue riflessioni;   il cervello le sembrava un rugginoso meccanismo che riusciva a procedere solo a scatti nel suo movimento.

Lo shock subito da quella notizia era stato tale da farle scartare in automatico la eventualità di una semplice coincidenza, di una sempre possibile omonimia.

Si era già calata nell’urgenza di dover metabolizzare al più presto quella che considerava ormai una verità spiacevole, appresa tra l’altro in modo troppo improvviso. 

Sergio Figuccia

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