Caccia alla Chimera – CAPITOLO 4

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La sera stessa del suo primo incontro con Magnusson, Mastrelli mi telefonò per ragguagliarmi sullo stato delle sue indagini e risultammo concordi sulla necessità della sua permanenza a Stoccolma fino al successivo incontro con lo scienziato svedese.

Sempre in serata Walter ovviamente si sentì con Cinzia, più per motivi affettivi che professionali.
 
-Ciao amore, ti parlo dal Mar Baltico, dove si pescano gli stoccafissi.
-Gioia! Ciao … guarda che gli stoccafissi si pescano in Norvegia e nel Mare del Nord.
-Che sei pignola! Sempre di penisola scandinava si tratta…e qui lo stoccafisso sono io…c’è un freddo polare.
-Cerca di non stare troppo all’esterno….non sei abituato a queste temperature e ti potresti beccare una polmonite.
-Sì mammina! – rispose ironico Walter, facendo corna e toccandosi le palle nell’anonimato di una telefonata via cavo, non sottoposta agli sguardi indiscreti della sua interlocutrice, come capitava sempre con i contatti via computer.
-Sono sicura che in questo momento stai facendo i tuoi soliti scongiuri…non è vero? Anche se non siamo collegati con Skype mi sembra di vederti lo stesso.
-E già … mi conosci troppo bene.
-Lo consideri troppo?
-No, amore mio! Per me non è mai abbastanza….volevo solo dire che mi conosci troppo bene per non immaginare i miei comportamenti, anche senza vedermi e a distanza di migliaia di chilometri.
 Meno male! Hai sempre la capacità di cadere in piedi come i gatti; piuttosto quando torni?
 
Mastrelli raccontò alla sua compagna tutti i particolari del suo primo incontro con Magnusson e della precedente telefonata che aveva avuto con me.
 
 Abbiamo concordato con Pastrone un’altra intervista fra due giorni con Magnusson, quindi non ha senso rientrare per poi ripartire l’indomani. Resterò fino al prossimo incontro con lo scienziato e poi volerò a riabbracciarti.
-A parte il mio desiderio di riaverti vicino ricordati che dobbiamo mettere a punto i particolari del nuovo programma sulla chimera….Rossetti me lo ricorda in pratica ogni giorno, ora anche lui crede ciecamente in questa nostra nuova trasmissione e non vede l’ora che cominci.
-Digli di stare tranquillo che una volta tornato definiremo tutto in pochissimi giorni.
 
I due si congedarono con il solito scambio di mielosità che Walter mi confidò totalmente alla fine di tutta questa storia, ma che io non vi ripeterò perché ritengo si tratti solo di intimità non funzionali al mio racconto.
 
Il secondo incontro con Magnusson fu meno traumatico per Mastrelli.
Lo scienziato infatti stava un po’ meglio e si fece trovare seduto su una poltrona anche se sempre intubato e sottoposto a continuo monitoraggio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Magnusson, sollecitato da Walter, proseguì col suo racconto di quarant’anni prima.
 
– Bisognava provare direttamente sull’uomo la tecnica che avevamo adottato con successo prima sui vegetali ed in seguito su diversi animali, integrando il patrimonio genetico per migliorarne le qualità fisiche. Iniziammo a provare inserendo cellule staminali umane nei criceti, nelle cavie, nelle scimmie ecc. ecc.   
Poi proposi al mio staff il grande salto in senso inverso: lavorare sull’uomo con l’impianto di genetica selezionata di natura non umana.   
Nei test avevamo già scoperto capacità impensate in alcuni soggetti che avevamo studiato a fondo, in particolare uno si era proprio rivelato una grande sorpresa.   
Aveva enormi capacità di rigenerazione delle cellule, la facoltà di vedere anche in condizioni di luce limitatissima, una forte resistenza allo sforzo e facoltà di adattamento ad ambienti ostili fuori dall’ordinario; aveva insomma proprio le caratteristiche che volevo fossero aggiunte a quelle umane, per non parlare dell’intelligenza che si rivelò prossima a quella umana, se non addirittura superiore, e anche questo fu un risultato inaspettato.
 
-E di che animale si trattava? – interruppe Walter eccitato dallo scoop.
 
 
 
La prego di permettermi di mantenere questo segreto fino a quando non avremo trovato Richard. Per ora mi preme ritrovarlo per potergli iniettare lo stabilizzatore che lo farà vivere ancora più degli altri uomini, se rendo noti troppi particolari ho paura di spaventarlo e di perderlo definitivamente.
 
-D’accordo…d’accordo, è una sua specifica volontà che devo rispettare.
 
Mastrelli riuscì a nascondere la sua forte delusione per quel veto che impoveriva il suo primo grande reportage, e da giornalista di razza non poteva che provarne disappunto, tuttavia non voleva infierire su quell’uomo malato, sottoponendolo a pressioni psicologiche per potergli strappare qualche altro dato importante sulla natura dell’uomo-bestia. Così si limitò a fargli proseguire il racconto.
 
-Il mio staff era galvanizzato dalle mie teorie che stavamo per mettere in pratica. Ma mentre per me si trattava di una specie di frenesia scientifica che mi spingeva ad andare molto oltre i limiti conosciuti, senza spandere ai quattro venti i frutti del mio esperimento più importante, per tutti i miei collaboratori contava soprattutto la popolarità sulla stampa e sulle televisioni che sarebbe seguita certamente in caso di riuscita dell’esperimento, nonostante la sua totale illegalità. Anzi era proprio quell’atto illecito per la società scientifica internazionale che avrebbe amplificato gli effetti di un eventuale successo.
  
-Insomma protagonismo e brama di notorietà erano le molle che spingevano i suoi collaboratori, mentre per lei era solo voglia di conoscenza.
-Sento un tono canzonatorio nella sua voce, probabilmente lei non crede al puro desiderio in uno scienziato di giungere alla conclusione di una sua ricerca a prescindere dalle implicazioni mediatiche che un esito positivo potrebbe comportare…eppure le assicuro che per me era così.
-Va bene. Prendo atto di questo, anche se, da giornalista televisivo, ho una visione molto diversa delle cose. Al giorno d’oggi quello che sembra contare di più è la proiezione della propria immagine sulla piazza globale, una notorietà mediatica di qualsiasi tipo, per quanto non supportata da alcuna qualità, sembra contare più di ogni altra cosa…forse lei è un’eccezione.
-Sì!…Forse sono proprio una perla rara.
 
 

 
Magnusson sorrise con uno sfondo di amarezza, poi girò tristemente lo sguardo verso la base della bombola d’ossigeno che stazionava ai piedi del suo letto e per qualche minuto si avvolse in un profondo e riflessivo silenzio che venne condiviso rispettosamente da Mastrelli.
In quel silenzio Walter si rese consapevole del significato che lo scienziato stava attribuendo al suo esperimento in quel preciso momento…aveva capito che anche la natura stessa della sua ricerca era risultata una “chimera”.
 
Dopo quegli interminabili minuti Magnusson riprese il suo racconto con la voce rotta dall’emozione.
 
-Cominciai su volontari malati terminali, ottenendo però risultati piuttosto scadenti. Avevo ormai maturato la piena consapevolezza che l’individuo nel quale doveva essere istallato il materiale genetico animale doveva essere giovane….giovanissimo, anzi più era giovane migliori sarebbero state le possibilità di riuscita.  Mi balenò l’idea di provare direttamente dal concepimento. Ma era un’idea folle, illegale, terribilmente immorale. Ci pensai su per mesi e mesi; non era di certo la difficoltà tecnica a bloccarmi, la possibilità di lavorare direttamente sul DNA del nascituro era una via che reputavo ormai più che praticabile, mi spaventava invece il risvolto morale, la enorme responsabilità di mettere al mondo una creatura umana generata interamente contro le leggi della natura e della società civile. E poi dove trovare una madre ed un padre per la chimera? Una coppia disposta a generare una creatura a rischio, un figlio che avrebbe di sicuro cambiato le caratteristiche dell’intera razza umana o in senso negativo o positivo.
 
 
Mastrelli lo interruppe con un’osservazione forse tanto puerile quanto schietta e istintiva:
 
-E non ha pensato alla qualità della vita che avrebbe imposto alla sua creatura? Alle possibili conseguenze di una diversità che l’avrebbe resa molto probabilmente isolata e infelice, identificabile in pratica ad un mero oggetto sacrificale?
 
-Lei è cattolico, signor Mastrelli?
-Sì, ma con tutte le variabili di incertezza generate da una fede approssimativa.
 
-Ecco! Bravo! Le naturali incertezze di un ogni uomo che crede per fede e non per effettiva convinzione. La fede rammenda tutti quegli strappi generati nel nostro animo dalla razionalità, dalla logica umana. Così è per me la fede nella scienza; io ero assolutamente certo che il frutto del mio esperimento sarebbe stato un essere superiore, un individuo diverso, di sicuro, ma molto più forte, solido e sano di qualsiasi altro uomo sulla terra. Come avrebbe potuto sentirsi sola e sconfortata una creatura tanto potente e perfetta? Anzi avrebbe potuto avere il predominio assoluto sugli altri, diventare un leader, e se cresciuta con una corretta educazione spirituale e religiosa, sarebbe certamente risultata anche molto generosa col suo prossimo, debole e bisognoso.
 
Ritornò improvvisamente triste, abbassò nuovamente lo sguardo verso il groviglio di fili elettrici e tubi che giaceva sul pavimento alla sua destra, e proseguì quasi imbarazzato per la sua successiva dichiarazione.
 
-Forse ora le apparirò un esaltato, e io stesso quasi me ne vergogno anche a distanza di tanto tempo, ma vedevo in quella mia creazione una strana analogia con la storia di Cristo.  L’essere che sarebbe nato in base ai miei studi ed alla mia tecnica di avanguardia, avrebbe potuto cambiare la storia dell’uomo, avrebbe migliorato la specie. Sarebbe risultato una sorta di nuovo messia che avrebbe salvato la razza umana dalle principali malattie ancora incurabili.
 
-Di conseguenza lei si riteneva Dio, il creatore assoluto che manda sulla terra suo figlio per salvare tutti gli uomini.
 
Walter era stato acido nel suo intervento, ma non era riuscito a bloccare sul nascere quella sua reazione istintiva. Con spaventosa alternanza quell’uomo continuava ad apparirgli prima un grande saggio e, subito dopo, un pazzo scriteriato.
 
-Sapevo che avrebbe detto questo, signor Mastrelli. Prima le ho chiesto se lei fosse cattolico o no, proprio per questo motivo. Non è delirio di onnipotenza, anche se mi rendo conto che possa facilmente sembrarlo, riscontrare Dio in tante piccole azioni della nostra vita o in improvvise ispirazioni che sembrano dettate dall’alto proprio perché Lui ci vuole aiutare.  E’ il rapporto più bello con il nostro Creatore, quello diretto… senza intermediari.  Con quella illuminazione, e proprio in quel momento della mia vita, sentivo di aver ricevuto forza e capacità per generare qualcosa sulla terra per conto di Nostro Signore.   Forse sono stato solo un vanesio, ma allora avevo una fede immensa in quel progetto che mi sembrava pressoché un disegno divino che doveva compiersi col mio tramite.
 
Magnusson entrò nei dettagli tecnici e nella pianificazione dell’esperimento più importante della sua vita, e di quella della “chimera” che avrebbe generato, pensò Mastrelli nello stesso momento.
 
Parlò degli studi approfonditi sui DNA di alcuni animali da lui presi in considerazione in funzione delle specifiche caratteristiche di ciascuno, e del contributo che ognuno avrebbe potuto dare alla nuova creatura, anche se non indicò distintamente quali esseri aveva studiato più in particolare. Non gli sfuggì neppure il più piccolo particolare che avrebbe potuto indirizzare l’indagine di Walter verso un animale anziché un altro.
 
Spiegò che la scelta di clonare una sua cellula fu obbligata dalla necessità di non coinvolgere due genitori sacrificali, già difficili da trovare, che avrebbero anche potuto compromettere in futuro la segretezza del progetto.
 
Descrisse tutte le angosce, gli scrupoli di coscienza, le paure e le variazioni dei suoi stati d’animo man mano che la fatidica data di realizzazione dell’esperimento si andava approssimando.
 
Certamente la scelta di Magnusson non era stata fatta a cuor leggero, anzi era stata sofferta, ponderata, vagliata nei minimi dettagli; lo scienziato non voleva sbagliare nulla in quella prova, che considerava quasi di natura divina, come aveva più volte manifestato nel suo racconto.
 
Elencò con memoria invidiabile tutti i componenti del suo piccolissimo staff di 7 dottori che lo coadiuvava in quel lavoro, ma dei quali solo uno era al corrente di tutti i dettagli del progetto.
Procedendo nel racconto la sua voce si faceva sempre più flebile e il suo tono sempre più prostrato.
L’intera gestazione era avvenuta in una speciale macchina appositamente realizzata per quell’esperimento, una sorta di utero materno artificiale monitorato 24 ore su 24.
Qualsiasi variazione, anche infinitesimale, sull’evoluzione del feto sarebbe stata evidenziata, analizzata ed eventuali interventi sarebbero stati immediati.
 
La macchina sembrava a tutta l’equipe una specie di grande acquario, dove la creatura cresceva a vista d’occhio…fino al giorno stabilito per il distacco dalle apparecchiature e l’avvio alla nuova vita.
 
Magnusson diminuì sempre più il volume vocale, iniziò a farfugliare le sue ultime parole transitando velocemente da tutti i livelli esistenti fra la veglia ed il sonno; e finì con l’addormentarsi.
 
Sono certo che in quel momento iniziò a sognare.
Chissà, forse il momento in cui aveva abbracciato per la prima volta suo figlio, partorito da quella macchina che a sua volta era stato lui stesso a partorire.
 
Forse l’arrivo di quella nuova vita, che lui aveva tirato giù dal cielo con la forza della scienza, piombata sulla terra come un corpo celeste a velocità astrale per far battere un piccolo cuore in quel corpo ibrido di uomo diverso.
In ogni caso…Magnusson sognò.
 


Sergio Figuccia

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