Privatizzazioni e libertà di gestire le risorse

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All’alba dell’ennesima possibile privatizzazione di una organizzazione pubblica come quella della Protezione Civile, sorge spontanea una domanda (come diceva su Rai3 il buon Antonio Lubrano): Cui prodest …a chi giova? (per dirla tragicamente alla Seneca, sfruttando un’altra citazione della disgraziata Medea).

Quando tanti anni fa si iniziò a parlare di privatizzazioni, l’opinione pubblica ritenne si potesse trattare di una buona chance per permettere agli utenti un reale miglioramento di tutti i servizi in genere.

Si diceva in giro, magari quando si subiva un sopruso dinanzi uno sportello statale come quello dell’Inps, di un Istituto di diritto Pubblico (leggasi Banca), o della vecchia compagnia telefonica di Stato (ricordate la Sip?), <<Vedrete…quando vi privatizzeranno! Come filerete dritto! Finirà questo lassismo!!>>.

 
Non è stato però così, o almeno nella maggior parte dei casi.
Dietro il progetto di un massiccio ricorso al privato non c’è mai stata la volontà di migliorare le cose in favore dei consumatori, ma il preciso proposito di concedere a ben precise lobby di potere l’opportunità di gestire liberamente i conti economici delle principali aziende pubbliche del paese.
 
In precedenza la responsabilità di gestire denaro pubblico pesava come un macigno, troppi paletti da rispettare, troppo gravi le pene per chi distraeva abusivamente quattrini in favore di amici o amici degli amici, troppi occhi puntati addosso. Ben diverso invece lo scenario che si è presentato con le privatizzazioni.
 
Le maggiori aziende nazionali sono state acquisite ovviamente da chi aveva le capacità economiche per farlo, gli stessi che prima avevano interesse a manovrarle dall’esterno, e che così hanno iniziato a gestirne i relativi capitali, stavolta con molta più libertà perché ormai società per azioni.
 
Per le banche (vedere anche l’articolo del 7/11/2009 “Ma che banca è?” di questo blog), ma anche per tante altre organizzazioni ex-pubbliche, è stato così molto più facile assumere o licenziare personale, appaltare a Tizio o a Filano, anziché a Caio o a Sempronio, comprare e vendere beni societari, terziarizzare liberamente qualsiasi attività interna, alienare rami d’azienda se non l’intera azienda, guidandola magari in qualche caso anche al fallimento.
 
Tutto potere concesso ad amministratori delegati e consigli di amministrazione, strapagati più di prima e divenuti ora anche liberi di agire per conto di aziende da loro stessi rappresentate ma forse anche manovrate da pupari ancora “più in alto”.
 
Ricordiamoci di tutto questo quando sentiamo parlare di cassa integrazione, di chiusura di stabilimenti, di licenziamenti di massa, di opportunità di modifica del famoso articolo 18…ricordiamoci cosa c’è realmente dietro la parola “privatizzare”. 
Sergio Figuccia

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1 Comment

  1. Antony 23 Febbraio 2010 at 11:19 PM

    Triste, tristissima realtà!!!
    Ma come si fa a fermà

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