Il giornalista e scrittore Roberto Cotroneo ha pubblicato recentemente un bellissimo articolo intitolato: “Scattate fotografie orribili senza saperlo, vi stanno ingannando” (cliccare qui per leggerlo), che io condivido in pieno pur non essendo un fotografo.
Ma Cotroneo ha “focalizzato” (è proprio il caso di dire così) la sua attenzione solo sulla componente tecnica delle foto del terzo millennio, non sui contenuti che, per quanto sia possibile, risultano ancora peggiori.
Ma vogliamo un attimo riflettere su cosa si fotografa oggi con gli smartphone?
A parte qualche raro caso di drammatiche istantanee di vita vera, estrapolate casualmente da “passanti” che si sono ritrovati al posto giusto nel momento giusto, la maggior parte dei soggetti fotografati sono gruppetti di personaggi falsamente felici, “immortalati” con ebeti sorrisi plastificati attorno a un tavolo (o un divano maltrattato) di un qualunque locale pubblico, per dimostrare ai “posteri” la loro presenza in quelli che si ostinano a chiamare “eventi”.
In realtà si tratta di tristissime riunioni di “zombi” che si illudono di essere ancora vivi fingendo di socializzare con creature consimili all’interno di insignificanti adunate salottiere; ma i “non-morti” non si rendono conto del loro stato, e farsi fotografare a migliaia, in quell’ammasso di sorridenti maschere da “torre di Babele” che non riescono più a comunicare fra loro, dovrebbe dimostrare una vivacità sociale che invece è totalmente assente in questi accumuli caotici di nullità che si illudono di divertirsi.
Ma che dire delle altre tematiche fotografiche tanto di moda oggi?
Che dire, per esempio, dei celebri “selfie”? Quando venivano chiamati “autoscatti” risultavano obsoleti e superati ma, una volta inglesizzata la nomenclatura, si sono trasformati in un fenomeno planetario.
E che ne pensate della follia compulsiva di fotografare ossessivamente il cibo che si sta ingurgitando? O dell’altrettanto scriteriata abitudine di immortalare le scarpe indossate in una determinata occasione, che potrebbe anche coincidere con l’inizio di una qualsiasi giornata feriale, diventando così una nuova forma di routine maniacale da sottoporre a terapia psico-analitica.
Insomma oggi siamo tutti fotografi, così come siamo diventati tutti pittori, scrittori, musicisti, editori. I media, la tecnologia e i social network soprattutto, hanno trasformato il nostro vecchio mondo, dove ognuno di noi aveva il ruolo che gli competeva (per tipologia di studi portati a termine, per qualità intrinseche, per passioni coltivate, per meriti acquisiti sul “campo”, per doni di natura ecc. ecc.), in una sorta di Torre di Babele dove tutti vogliono e pretendono di fare tutto, sommergendo la qualità con la quantità, banalizzando sia le arti che i mestieri, e coprendo di ridicolo, unico effetto percepito da quest’immenso tsunami di presupponenza, quel poco di “buono” che la società di oggi è ancora in grado di generare.
La tecnologia non ha migliorato la nostra qualità sociale, ne ha piuttosto seppellito le eccellenze sotto una montagna di detriti culturali.