Il buio oltre la passione

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C’è sempre un momento in cui, per ognuno di noi, tutti i nodi vengono inesorabilmente al pettine.

È il tempo dell’analisi dei ricordi di una vita, l’occasione che si presenta a una certa età di esaminare con più attenzione tutto quanto è fluito dalle nostre mani, dal nostro libero arbitrio, dalla nostra capacità di “generare” che costituisce quella giusta e unica motivazione al nostro transito su questo mondo.
Non intendo certo parlare del momento del “trapasso”, in quell’attimo, che tutti ovviamente ci auguriamo lontanissimo, il nostro “inventario” assume i connotati della irreversibilità, della chiusura per cessazione di attività;  no! … mi riferisco invece a quel momento di riflessione che ci capita all’improvviso, durante la nostra mezza età, quando siamo sufficientemente maturi per capire che forse abbiamo seminato troppo, o troppo poco, e che quindi non raccoglieremo mai adeguatamente.

Lo scopo di ognuno di noi, dal momento in cui la ragione inizia a farsi spazio nella coscienza dopo la nostra venuta al mondo, è sempre quello di agire in funzione di un “ritorno”, di un conseguente beneficio derivante dalle nostre attività.
Questo caratterizza principalmente il nostro comportamento razionale; studiamo per migliorare al massimo il nostro inserimento sociale, lavoriamo per potenziare la nostra presenza nella comunità, molti congiurano per acquisire “potere”…comunque tutto è finalizzato ai frutti “terreni”, da raccogliere quindi nell’arco della nostra vita.

Avviene tutt’altro nella sfera dell’istinto, in quella parte della nostra anima dominata dalle passioni. In questo micro-universo non siamo i padroni assoluti, pur trattandosi di una dimensione interna al nostro essere noi finiamo col subire, al suo interno, tutti quegli stimoli, tutte quelle sollecitazioni indipendenti dalla nostra volontà o, per meglio dire giocando un po’ con le parole: la volontà diventa strumento della voluttà.

Per gli artisti di ogni ordine e grado, non stiamo qui di certo a parlare di qualità o di giudizi critici sulle relative valenze creative che comunque hanno sempre il valore limitato della soggettività, il mondo della passione ha il netto sopravvento su quello della razionalità.
Quindi per una vita intera, pur tra mille sacrifici, pur consapevoli della inutilità di una produzione artistica troppo estesa e che una derivante inflazione di mercato potrebbe anche inficiare il gran lavoro svolto, gli artisti continuano a produrre, a creare, a inventare, a generare arte in tutti i modi possibili e da loro immaginabili.

Ma poi giunge quel momento, quell’istante di riflessione che “fa pensare” al di là dell’istinto e della passione.
Ci si rende conto di avere le stanze piene di roba, che molta produzione resterà nell’anonimato, che i sentimenti che hanno generato tanta determinazione nella creazione di quei manufatti non sono neppur minimamente condivisi da chi ti sta attorno, che quello che ogni autore ritiene possa essere un’opera d’arte non interessa che a pochissima gente del settore.
L’artista vede il buio oltre la sua passione, immagina che dopo la propria morte tutto ciò che ha creato in vita possa finire nel “dimenticatoio”, nel disinteresse globale che già inizia a percepire intorno a sé; si chiede: “ma ne vale la pena?”

È quello il momento in cui la sfera dell’istinto si scontra con quella del razionale, e la crisi economica di questo secondo decennio degli anni 2000 può amplificare i deleteri effetti di questa collisione.
La ragione non vede obiettivi logici e possibilità di raccolta a breve termine di frutti del grande lavoro artistico svolto e tende a paralizzare la sfera delle passioni … gli artisti sono portati a fermarsi, a cristallizzare la propria creatività.

È un grave campanello di allarme, e non solo per la nostra misera società contemporanea, ormai incapace di generare valori al di fuori di quella sfrenata e sgraziata corsa alla continua crescita e al potere facile, ma se l’arte è vita, lo è maggiormente per gli artisti stessi che la producono, e la morte dell’arte potrebbe essere tale anche per loro.

Sergio Figuccia

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