L’equità del cavolo

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Solo una mente ottenebrata dalle necessità demagogiche di partito o da ridotte capacità intellettive può ancora sostenere che il trattamento economico-giuridico-sociale fra cittadini italiani sia “EQUO” o che le “riforme” diano un contributo di “ EQUITA‘ ” alle leggi dello stato italiano.

Ormai è sotto gli occhi di tutti che le discriminazioni fra classi sociali siano tornate ai livelli del “feudalesimo medievale“, con tanto di dazi e gabelle, di feudatari, vassalli, valvassori, valvassini, operai (al posto dei contadini) e, soprattutto, servi della gleba.
La gerarchia parte proprio dalla classe politica che dovrebbe costituire il gruppo di delegati del Popolo Italiano per il governo della “cosa pubblica” e che invece ha creato una corporazione (o casta) che si autoprotegge e che si autoattribuisce i più insensati e incivili benefici per differenziarsi dal resto della popolazione (presidenti, ministri, deputati, senatori, segretari, sotto-segretari ecc. – anzi la catena gerarchica, con i posti di sotto-governo e quelli regionali e comunali è ancora più lunga di quella feudale).

Che la parola “equità” (tanto abusata da mario monti nel suo interregno “medievale“) sparisca dunque dalla bocca di questa gente; l’EQUITÀ IN ITALIA NON ESISTE, anzi possiamo dire che la DISCRIMINAZIONE viene regolarmente perpetrata ai danni dei cittadini proprio dai rappresentanti del Popolo, ed essendo illegale, (ART.3 della Costituzione) chi si rende colpevole del reato ANDREBBE PERSEGUITO per legge.
La prima delle tanto auspicate “riforme” dovrebbe dunque riguardare il ritorno a una sana gestione democratica e civile della Repubblica d’Italia, con l’abbandono del regime feudale in atto applicato.
Non possiamo pretendere di “crescere” tornando indietro nel tempo al periodo storico più oscuro dell’umanità, riportandone tutte le storture e assurdità nella gestione del potere politico di una nazione moderna e civile

Sergio Figuccia

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